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Annullo  filatelico assedio di Nizza del 1613

 

Ecco in anteprima l'annullo filatelico  a ricordo dell'assedio di Nizza Monferrato del 1613.

Vi attendiamo il 12 Maggio a partire dalle ore 09 in via Pio Corsi, all'ingresso dei giardini di palazzo Crova.  ​L'annullo si svolgerà in collaborazione agli amici dell’ERCA che ricorderanno l’evento storico con una manifestazione che si svolgerà nei giorni 11-12-25 maggio 2013.

​“Un’idea, nel significato più alto di questa parola,
si può comunicare soltanto mediante un simbolo”.

L’antico stemma della città di Nizza Monferrato, sostituito nell’ottocento da quello attuale, era un concentrato di simboli, di vita vissuta, di cultura e di lotte. Le immagini inoltre erano riassunte nell’ambiguità del motto che sottostava ad esse…

“Virgineos vultus nemo hos fedavit (foedavit) adulter”
“Che nessun adultero sporchi questi volti virginei”

 


 

• Narra la tradizione, leggendaria ma intrigante, che Nizza sia sorta a seguito della ribellione dei terrazzani (gli abitanti delle terre) contro i sette castellani a proposito dell’arbitrario esercizio dello “Jus primae noctis”. Il matrimonio doveva essere approvato dal proprio dominus che, pare, concedesse il diritto sovrapponendo la propria gamba su quella della giovane presunta vergine. Spesso il gesto del castellano da simbolico si trasformava in una brutale violenza fisica sulla donna;  la cosa portò, infine, ad una ribellione degli sposi che assalirono i castelli, li distrussero e, per proteggersi dall’inevitabile vendetta, individuarono lo spazio di terra più facilmente difendibile alla confluenza del torrente Belbo col rio Nizza.
La vergine, sul braccio destro, ha appoggiato un drappo con la scritta “ex multis” vale a dire “da molti”… in linguaggio attuale :” l’unione fa la forza”; mentre il sinistro regge una cornucopia che “ mette insieme i molti” frutti della nostra terra. Ai piedi della donna spighe di grano legate tra loro ribadiscono il concetto dell’unione; ma non basta: ai lati delle ginocchia della vergine da due anfore sgorga l’acqua del Belbo e della Nizza per riunirsi in una pozza.


• La storia più verosimile narra invece di guerre tra Astensi ed Alessandrini; nel secolo XIII la vittoria di questi li portò alla necessità di costruire un baluardo al confine; da qui nacque la città fortificata di Nizza e la vergine potrebbe rappresentare la giovinezza di una comunità appunto nuova e libera, composta da uomini che spontaneamente misero insieme le proprie forze e le proprie terre. Non dimentichiamoci che siamo nell’epoca dei liberi comuni ( di ciò ne è testimonianza il “Liber catenae” conservato nel Palazzo comunale…esso racchiude tutte le leggi che governarono la vita cittadina in ogni particolare). In questo contesto “l’adultero” rappresenta chiunque voglia privare la città delle sue libertà.

Nizza governata dai Gonzaga di Mantova venne assediata dagli uomini di Carlo Emanuele I duca di Savoia nel 1613.

Il 12 maggio giorno di Domenica circa l’ore 14 venne nuova sicura, che le genti di Savoja vicine unite insieme s’avvanzavano per la valle verso Nizza”.
La relazione del Ferrari descrive i danni delle 851 cannonate sparate sulla città. Il Convento delle suore benedettine, attuale Ospedale, fu gravemente danneggiato. La torre del Campanon conserva ancora oggi due palle di cannone conficcate tra i suoi mattoni del lato nord.
Tre palle restano murate in una casa di via Gioberti (proprio nel caseggiato dove il Circolo Filatelico Numismatico ha la sua sede) ed un’altra lo è in via Cordara.
La scelta delle cartoline che saranno oggetto di annullo filatelico è caduta rispettivamente su una rappresentazione della pianta della nostra città e la rappresentazione del miracolo della lampada avvenuto mentre le donne pregavano San Carlo riunite in chiesa.

Dalla prima cartolina si può individuare il sistema difensivo di Nizza che consta: nella Porta Lanerio ( cima di Nizza)  protetta da un fossato che veniva allagato in caso di guerra. Il rio Nizza, alla confluenza del Belbo, veniva sbarrato con una diga provvisoria, in modo che il livello dell’acqua crescesse fino a frenare improvvisi assalti. Esso era difeso da bastioni (attuale via 1613), terrapieni che riparavano la via sottostante le mura, chiamata spalto ( via Spalto Nord).
E ’inoltre ben visibile, oltre al fossato che sorgeva al termine di via Carlo Alberto, la canalizzazione (bialera) di un tratto del Belbo utilizzata per portare acqua ai mulini e come difesa. I mulini erano indispensabili per quei tempi, quando i contadini portavano il proprio grano a macinare per poi utilizzare la farina per farne pane.

Prima dell’assedio, sapendo che i mulini sarebbero diventati facile preda dei Savoiardi, essendo al di fuori delle mura, il Governatore ordinò che in Nizza ne arrivassero di mobili, le cui macine erano mosse dalla forza dei cavalli.
Il ponte sul Belbo era situato al “fondo di Nizza” perché la strada per Acqui passava da lì. Esso era difeso da fortificazioni esterne alle mura; solo da lì avremmo potuto ricevere i soccorsi che provenivano da Acqui e così avvenne.
I nicesi, improvvisati soldati, erano costretti loro malgrado ad abbandonare le donne per sorvegliare sui bastioni e con più di seimila soldati alleati che “difendevano” la città non ritenevano le loro donne al sicuro.
La Chiesa divenne così un valido rifugio: luogo in cui le donne e i bambini si riunivano per invocare l’aiuto divino e per riposare sentendosi più sicuri nell’unità della comunità.

Il primo giorno d’assedio il 12 Maggio del 1613 all’improvviso davanti alle donne in preghiera si accese la lampada, senza che vi fosse lo stoppino né l’olio, lasciando tutta la comunità senza fiato.
Fu un segnale di conforto e di buon auspicio per Nizza che stava attraversando momenti difficili.
Venerdì 24 maggio giunsero finalmente i soccorsi, il nemico forte di “nove mila fanti e ottocento cavalli” abbandonò il campo e lasciò l’assedio.
Nonostante la vittoria i nicesi non avevano molto da festeggiare. Tutt’intorno alla città solo devastazione e rovina, tutto era stato distrutto o saccheggiato e i nicesi si trovarono a dover dare ospitalità a sedicimila fanti e duemila cavalli.

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